Nel libro del
Levitico c’è un intero trattato sulla purità e sull’impurità (Lv 11-16). Anche
nel libro dei Numeri si trova questo tema che dice: "Quanto l’impuro avrà
toccato, sarà impuro; chi lo avrà toccato sarà impuro fino alla sera". Nel
mondo biblico c’era una vera e propria paura dell’impurità perché l’essere
impuro non possiede tutta la vita che dovrebbe possedere e quella parte di vita
mancate è occupata dalla morte. "Impuro",
infatti, equivale a "mancante di vita". La donna che "aveva
perdite di sangue da dodici anni" è impura ed è impura anche la figlia di
Giàiro perché è "morta" Il
testo biblico dice che in ambedue i casi Gesù è venuto a contatto con loro
("venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello" / "Prese
la mano della bambina e le disse: "Talità kum"").
Gesù non ha subito
l’impurità di ciò che ha toccato, ma, viceversa, è stato Lui a trasmettere la
vita alle due donne. Perché è successo così? Quando il contatto avviene tra
persone umane, viene trasmessa l’impurità. Quando, però, c’è il contatto tra
Dio e le persone, essendo Dio la vita in assoluto. Quindi non solo l’impurità
non viene trasmessa, ma è la vita che transita da Dio alla creatura umana. I
due miracoli riportati dal brano evangelico (Mc 5,21-43), la guarigione
dell’emorroissa e la rivivificazione della figlia di Giàiro, mostrano e
dimostrano almeno tre cose: il potere taumaturgico di Gesù, la sua capacità di
donare la vita e la sua divinità. La stessa cosa anche nel libro della Sapienza
che dice “Dio non ha creato la morte”. Molto spesso nel mondo cristiano il
miracolo viene compreso come un regalo di Dio al miracolato. Il miracolo,
dunque, è un "segno" che indica la divinità di Gesù e la strenua
volontà del Signore di donare la vita agli uomini. Il miracolo anticipa il dono
della vita che, alla fine della storia, è per tutti.
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