Cominiciamo da una
domanda: Chi sarebbe responsabile nella vocazione soprattutto per la missione?
Che dovrebbe farla? Dobbiamo vedere nella liturgia della parola. Le tre letture
liturgiche ci invitano a riflettere sulla natura della missione e la nostra
partecipazione. La prima lettura parla sul profeta Amos. Amos fu uno dei più grandi profeti per la sua sensibilità
sociale e religiosa. Nella seconda letrtura, Paolo, parlando dei carismi, dice
che a "ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito"
e tale manifestazione non è solo per la riuscita del singolo, ma anche
"per il bene comune". Naturalmente lo Spirito è libero e distribuisce
i carismi "a ciascuno, come vuole". Questa libertà dello Spirito di
cui Paolo parla è presente anche in Gesù che tra i suoi discepoli ne sceglie
dodici, "quelli che voleva" (Mc 3,13). I Dodici erano di varia estrazione
sociale, con gradi di cultura diversi, con una capacità di fede quanto mai
varia. Dio sa perché sceglie una persona, anche se la scelta divina può
sembrare a noi poco o per niente motivata.
Quando Gesù scelse i Dodici,
immediatamente fece comprendere i suoi obiettivi. Essi dovevano rimanere con
lui (Mc 3,14). Quindi, I Dodici, che a stare con Gesù, vennero scelti per
essere mandati dal Signore "a predicare" (Mc 3,14). Il carisma che i
Dodici avevano ricevuto doveva maturare secondo un modello preciso: il Maestro.
Ogni vocazione, infatti, ha il modello nella persona di Cristo.
Il testo biblico del vangelo (Mc
6,7-13) incomincia in questo modo: "Chiamò a sé i Dodici e prese a
mandarli a due a due…". Vediamo che il verbo"chiamare" è al
presente. Sembra che l’evangelista abbia voluto richiamare vocazione e missione
come due realtà non scindibili, cioè non si
separa. Non esiste una chiamata soltanto perché la chiamata originale viene
sempre più specificata man mano il credente matura. Per esempio, ad Abramo, Dio
non indica subito dove deve andare, ma prima lo invita ad uscire dalla sua
terra e solo in seguito gli dice dove fermarsi. I dodici sono mandati a tutte
le genti per farle discepole sue cioè lottando
contro "gli spiriti immondi" (v.7), combattendo contro la malattia
(v.13b) e predicando la conversione (v.12). Essi continuano ciò che Cristo ha
iniziato.
La missione di ogni discepolo di Gesù è
quella di combattere il Male in ogni forma sia faccia presente tra gli uomini.
Se si analizza la missione dei Dodici (predicare la conversione, scacciare
molti demòni, prendersi cura dei malati e guarirli) si può notare che il
combattimento contro il male non ha solo la dimensione spirituale. E’ una
missione che abbraccia tutto l’uomo.
Dunque, torniamo a nostra
domanda: “Chi sarebbe responsabile nella vocazione soprattutto per la missione?
Che dovrebbe farla?”. Possiamo quindi rispondere: secondo la prima lettura è Amos; ma secondo il
vangelo dovrebbero essere I dodici. In questo occasione, vorrei dire che la
vocazione la missione siano solo compiuto dei preti e dei religiosi e non anche
dei laici e fedeli. Come mai? Perché come dice san Paolo nella sedonda lettura,
anche noi siamo chiamati a cooperare alla grande opera di ricondurre al Cristo
tutte le cose.
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